Il Festival di Sanremo: gioie e dolori di Italia si concentrano in una cinque giorni intensi in cui, il Festival, nessuno lo vede ma tutti lo guardano. Tutti concordano che sia uno spettacolo vecchio e antiquato ma restano altrettanto convinti che sia una parte importante della nostra tradizione popolare, e per questo imperdibile. In questi giorni il Paese si ferma, non c’è politica estera o interna che tenga; le conversazioni convergono tutte intorno a lui: Il Festival della canzone italiana. Improvvisamente metà della popolazione dismette i propri panni per indossare quelli di una figura mitologica: l’opinionista. E’ così che da 68 anni a questa parte per cinque giorni i temi sono sempre gli stessi: presenza/assenza fiori, allestimento palco, vestiti delle conduttrici, conduzione dei presentatori, manifestazioni in sala, e, infine, le canzoni.
Grazie a Sanremo la fastidiosa sensazione di routine e monotonia che trasmette il vedere qualcosa che già si sa come va a finire fa pace con il rassicurante sapore della certezza. Una volta all’anno, l’Italia vive una sorta di momento collettivo, in cui tutti hanno qualcosa in comune: il Festival. Se il semplice fatto che ciò che accomuna gli italiani sia un festival musicale (che te fai delle elezioni?), non basti a rendere il Festival un evento nazionale degno di interesse..c’è dell’altro.
Tra big e giovani proposte, tra tematiche più o meno politiche, tra tentativi di rimanere ancorati alla tradizione buttando un occhio ai tempi che corrono..l’Italia si specchia nel Festival per rivedere la propria immagine riflessa. Proprio come Narciso, gli italiani guardano il festival per vedere se stessi. La popolazione si osserva attraversa la televisione per avere il polso di dove siamo e cosa stiamo facendo.
Anche io ho quindi voluto cogliere l’occasione per leggere alcune immagini rimandate da questa 68esima edizione del Festival di Sanremo e riflettere su alcune dinamiche nostrane.
Partiamo dal dato generazionale dell’ultima edizione. Non bisogna essere dei fini osservatori per accorgersi della questione anagrafica; giovani usciti dai talent show (Gli “Amici” Annalisa e The Kolors accompagnati alla prima occasione utile dai colleghi di X Factor, Michele Bravi e Enrico Nigiotti) e non, come Meta e Moro o Lo Stato Sociale danno battaglia alla vecchia guardia della musica italiana, tra gli altri, i Pooh (che anticipano la possibilità di approfittare del voto disgiunto presentandosi separati), Ron, Ornella Vanoni e i Decibel. Insomma, un Festival anziano che i giovani seguono e a cui partecipano attivamente; i risultati lo dicono chiaramente se si da un’occhiata al podio: 1° Metal-Moro, 2° Stato Sociale, 3° Annalisa. Se non bastasse il tripudio di voti assegnati ai più giovani, si segnala un’altra presenza giovane importante: i The Jackal, che dalla propria pagina Facebook dettano legge a cantanti, presentatori e anche al super acclamato Beppe Vessicchio, al suono di parole incomprensibili e battute sarcastiche.
Ma andiamo avanti, anche il podio fornisce materiale per pensare. I due finalisti che si contendono il posto, ça va san dire, sono le due canzoni preferite dal pubblico, e chi vince? Il duo Meta-Moro con la canzone più “impegnata” di questa edizione, quella che grida contro gli attentati terroristici con un testo crudo, forte, attualissimo..e chi segue? Lo Stato Sociale, la canzone meno sensata, più frivola e sconclusionata del Festival…insomma, la solita Italia a metà, seria e frivola al tempo stesso… perché, diciamolo, siamo così..un po’ seri e un po’ faceti.
Emerge poi un altro elemento..o meglio, emerge l’assenza di un altro elemento. I monologhi a sfondo politico hanno sempre fatto capolino sul palco dell’Ariston, ma a un mese delle elezioni la regola non scritta è chiara: non si parla di politica. Ma Sanremo in quanto evento nazionalpopolare non può fare finta di niente, anche questo non sta bene. E quindi meglio giocare sul sicuro. Si sceglie quindi di affrontare, alla lontana, il tema che tiene banco sia a destra che a sinistra, l’immigrazione; a cui si aggiunge anche un omaggio alle donne, perlopiù mamme, che di questi tempi ci sta sempre bene.
Insomma, cosa abbiamo imparato da questa edizione? Chiaramente nulla di nuovo! Ma abbiamo avuto qualche conferma. Siamo il Paese delle vie di mezzo..stretti nella morsa di una questione generazionale che tutto sommato, siamo sicuri si tratti di un conflitto? Dopo tutto quest’anno i The Kolors hanno anche invitato Tullio de Piscopo a suonare con loro, nel 2016 gli Stadio hanno ceduto il posto all’Eurovision a Francesca Michielin, e al di fuori del Festival l’intramontabile Morandi ha duettato con l’idolo del web, Fabio Rovazzi. Ma ancora, i The Jackal hanno fatto un video con il Re del Festival, Pippo Baudo. Quindi, cosa divide i giovani dai meno giovani? basterebbe guardare al PD per rispondersi..ma sorvoliamo. Al Festival si assiste anche ad altro, se il paese da una parte si avvicina a tematiche forti che ovviamente ci riguardano e ci toccano da vicino, da un’altra si sente il bisogno di leggerezza, di frivolezza..qualcosa che ci salvi dai problemi quotidiani..forse è per questo che per cinque giorni all’anno il Bel paese indossa il vestito buono e si accomoda in prima fila sul proprio divano come se fosse all’Ariston seduto accanto ad Alba Parietti. L’Italia, si concede il lusso di dimenticare ciò che più la affligge, le problematiche che la attagliano nella morsa di una crisi non risolta per parlare di fiori e di vestiti…e va bene così, perche Saremo è Sanremo!