Nelle rappresentazioni di un’Italia che sembrerebbe unita dalla bandiera tricolore proiettata sui palazzi istituzionali, dai balconi delle città da cui si diffonde musica e solidarietà, dallo stringersi attorno al dolore nel piangere i morti…qualcosa stride.

Stride in maniera molto forte, violenta…almeno per le orecchie dei napoletani che assistono oramai da settimane al solito sciacallaggio mediatico nei confronti della città e della sua popolazione.

E’ il suono delle parole che rimbalzano su alcuni giornali, su taluni servizi ai telegiornali e, sfortunatamente, riemergono anche nei confronti televisivi tra professionisti e scienziati.

Una città incapace di rispettare le regole e di rimanere disciplinatamente in casa, così vengono dipinti Napoli e i suoi abitanti. Come se il primo pensiero del napoletano non fosse la sopravvivenza bensì trovare il modo di non rispettare le regole. Ed ecco che si pubblicano articoli su “una quarantena napoletana”, alludendo chiaramente ad una interpretazione sui generis delle disposizioni. E si alimentano i dubbi con servizi falsati o comunque non veritieri. Nello specifico, un TG della TV generalista ha trasmesso un servizio da un mercato rionale in cui, riprendendo una situazione di ordine e rispetto delle norme, si afferma “prima c’era il caos”. Caos non documentato, ovviamente.

Molto meno seguito hanno ricevuto servizi e reportage che fotografano, anche attraverso prove documentate, una città deserta; che raccontano di una popolazione che sta in casa e di un sistema che subito ha compreso la gravità della situazione, tanto da proibire anche le consegne a domicilio dei vari Just Eat et similia fin dai primi momenti, al contrario di tante altre regioni (posizione che ha suscitato la reazione di alcuni commercianti). Del tutto ignorati i flussi di mobilità per cui la Campania ha modificato i propri spostamenti esattamente come altre regioni, facendo anche meglio di alcune di queste. Come segnalano i dati Google sulla mobilità aggiornati al 29 Marzo 2020.

Poche parole spese, almeno per il momento, sulla gestione dell’emergenza da parte del comparto sanitario, che con tutte le incertezze del caso, fa il possibile raggiungendo punte di eccellenza come dimostrato dal servizio di Sky News sull’ospedale Cotugno. Eccellenza che desta stupore in alcuni giornalisti (è il caso delle affermazioni di Myrta Merlino, a cui sono seguite scuse ufficiali, o del post di Enrico Mentana) Pochissimo risalto ai contributi scientifici che provengono dalla comunità napoletana, che addirittura vengono usati per alimentare futili polemiche.

Nulla sfugge all’occhio dei napoletani, in particolare della intellighènzia e degli artisti, che si sollevano a proprio modo. A questo proposito la riflessione di Maurizio de Giovanni pubblicata sull’ account Facebook dello scrittore è più che mai puntuale e attenta, come stupefacente è l’opera realizzata dallo street artist Jorit per celebrare l’oncologo dell’ospedale Pascale, Paolo Ascierto. Anche il Sindaco de Magistris ha dedicato un post sul proprio account Facebook a questo argomento toccando un punto chiave.

Perché questo accanimento verso Napoli quando qui nessuno si è lanciato alla corsa al giudizio sterile e odioso per rinvenire in questa o quella regione, in questo o quel soggetto, la “causa” dell’emergenza?

E’ vero che i napoletani sono purtroppo abituati ad un racconto falsato da stereotipi e carico di letture negative, ne abbiamo già parlato qui su SpazioCult, ma non per questo ne rimangono meno colpiti.

Colpisce perché questo racconto, oltre ad essere fazioso, pretestuoso e in molti casi non verificato, ha come sempre delle ricadute pratiche sulla rappresentazione della città verso l’esterno, sulla percezione del territorio e quindi anche sul sistema economico, oltre che sul sistema di valori.

Prima dello scoppio del Covid 19 Napoli viveva da tempo un periodo florido, perché quanto meno l’immagine della città, con non pochi sforzi, sembrava essersi risollevata. Non a caso trovare un posto letto libero nel week-end era diventa un’impresa e la città brulicava di turisti provenienti da tutto il mondo.

Che dopo l’estenuante racconto dell’emergenza rifiuti, dopo l’allarmismo su Napoli come un set di Gomorra a cielo aperto, sia il turno di puntare i riflettori su una città insalubre e pericolosa a livello sanitario?

Ma soprattutto, in un momento così drammatico in cui le ripercussioni psicologiche ed economiche saranno ingenti, perché accanirsi in questo modo? Che beneficio ne trae chi promuove questo tipo di informazione? Chi ottiene un vantaggio dallo sfregiare Napoli così?

Qualunque siano le risposte a tali domande, questo atteggiamento non è sopportabile. Napoli sta rispondendo all’emergenza al meglio delle proprie capacità. Ci sarà qualche zona con delle persone per strada, esattamente come accade in altri centri densamente abitati, ma non è la prassi. I napoletani stanno dimostrando consapevolezza e attenzione. Il racconto mediatico che emerge sui media nazionali non solo non rende giustizia a un territorio che sta già soffrendo le conseguenze dell’emergenza, ma ne mina la credibilità e la rispettabilità. In più, se da un lato rischia di acuire tendenze regionalistiche e campanilistiche che male di sposano con l’unità e con il senso di comunità che servirebbe in momenti storici così difficili, dall’altro apre ad atteggiamenti denigratori degli stessi napoletani verso i propri concittadini che sfociano in un senso di disamore verso il territorio e i suoi abitanti.

Forse è tempo che Ie istituzioni comunali e regionali si impegnino maggiormente nel richiedere maggiore rispetto e obiettività nel raccontare la realtà del territorio o almeno si diano da fare nel diffondere una contro informazione che non sia di parte ma che sia affidabile e circostanziata.

Se è vero che le fake news sono uno dei mali del nostro tempo perché minano la nostra capacità di discenderne cosa è vero da cosa non lo è, perché non si prende altrettanto seriamente in considerazione la pericolosità di diffondere un racconto denigratorio e diffamatorio?

Si ringrazia per la foto Sandro Montefusco.