Tra il 2017 e il 2018 sono usciti due film che celebrano momenti e attori cruciali della storia del Regno Unito durante la seconda guerra mondiale. Il primo, per la regia di Christopher Nolan, è Dunkirk: ambientato nella spiaggia francese di Dunkerque, racconta la storica evacuazione navale delle truppe britanniche e franco-belghe accerchiate dai soldati tedeschi , avvenuta nel 1940 ad opera di imbarcazioni di diverso tipo (militari e civili). Il secondo è Darkest Hour (in italiano “L’ora più buia”), incentrato sulla figura di Winston Churchill, riportato in vita da un incredibile Gary Oldman.

La tempistica dell’uscita di queste due pellicole, concomitante con i negoziati per la exit della Gran Bretagna dall’Unione Europea (a seguito degli esiti del referendum del giugno 2016), spinge inevitabilmente a qualche riflessione. In termini generali entrambi i film infatti celebrano la capacità di resistere e di reagire (se non fosse anacronistico potremmo dire la “resilienza”) dei britannici di fronte alle sfide e alle difficoltà.

Si tratta di un caso? E’ solo il nostro sguardo che ci fa cogliere nei frammenti di una storia ormai passata l’eco delle vicende politiche dei nostri giorni? Il Guardian sostiene di sì, sottolineando tra l’altro che la produzione di entrambi i film è iniziata ben prima dell’esito del referendum. E però giova ricordare che il premier David Cameron promuoveva il “diritto delle persone di scegliere” e prometteva un referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nell’Unione Europea già nel 2013, almeno due anni prima che entrambe le pellicole prendessero corpo. E’ verosimile dunque ritenere che la scelta di produrre dei film che rimandano a momenti cruciali della storia inglese del passato sia stata influenzata dal momento storico attraversato dal paese: entrambi i film si sono definiti in una fase di riflessione pubblica e (geo)politica sul presente e il futuro della Gran Bretagna, che era comunque presente indipendentemente dagli esiti del referendum sulla Brexit.

Ed è proprio in questa fase di ripensamento che “L’ora più buia” sembra volersi inserire, focalizzando la sua narrazione sui primi passi (un mese circa) mossi da Churchill nel suo ruolo di primo ministro: eletto con molte perplessità dal suo stesso partito con l’unico obiettivo di ottenere il sostegno dell’opposizione, di fronte all’avanzata di Hitler in Europa e con la quasi totalità delle truppe inglesi intrappolate a Dunkirque, Churchill viene descritto dal film nel mese e nei giorni in cui era necessario prendere una decisione (negoziare con Hitler o continuare a combattere?) che, in qualunque caso, avrebbe segnato il destino della Gran Bretagna e dell’Europa intera.

Favorevole sin dall’inizio ad una posizione dura e intransigente nei confronti di Hitler (“Non si può ragionare con una tigre se la tua testa è dentro la sua bocca!”), duro e critico nei confronti degli alleati francesi (con i quali viene sottolineato – non senza ironia – un certo grado di incomprensione in una scena ambientata all’aeroporto militare) Churchill vacilla nelle sue certezze a fronte delle evidenti e crescenti difficoltà dell’esercito inglese e dell’opposizione dei suoi stessi collaboratori nel gabinetto di guerra. Tuttavia, il primo ministro ritrova la determinazione a “combattere con ogni mezzo, per mare e per aria”, dopo aver ascoltato in un improvvisato viaggio in metropolitana la voce del popolo inglese, che, dalla casalinga alla bambina, dal meccanico all’impiegato, afferma che mai, mai, mai si sarebbe dovuto negoziare con Hitler.

La scena della metropolitana è in effetti una delle più discusse del film, ed è quella che più di ogni altra crea un ponte tra il passato e l’attualità; e quello che il film ci comunica inserendo la piccola storia di un viaggio in metropolitana nella grande Storia narrata, è che se i governanti hanno dei dubbi su quale sia la cosa giusta da fare devono rivolgersi alla gente, perché è la gente che loro rappresentano ed è per la gente che governano.

Non stupisce dunque che il film – e la figura di Churchill – sia stato in qualche modo strumentalizzato in chiave pro-Brexit. Tuttavia, se è effettivamente l’attualità quella che il film in qualche modo vuole richiamare, non sembra necessariamente voler celebrare la Brexit come un “successo” del popolo inglese, quanto piuttosto la capacità degli inglesi di combattere e resistere di fronte a tutte le difficoltà. Come dichiarato recentemente da David Cameron, anche a voler considerare sbagliata la decisione presa dalla Gran Bretagna, “Brexit is a mistake, not a disaster”. E Churchill, nelle parole scelte per chiudere il film, ci ricorda che: “ Il successo non è mai definitivo, il fallimento non è mai fatale: è il coraggio di continuare quello che conta”.