Come risaputo, l’ultimo film di Paolo Sorrentino “E’ stata la mano di Dio”, oltre ad essere un film auto-biografico, è ambientato a Napoli. Quello che forse non tutti sanno è che buona parte delle scene che ruotano intorno alla famiglia del protagonista sono state girate nello stesso parco in cui il regista ha vissuto per 37 anni. Aspettavo dunque con particolare interesse questo film per assaporarne il racconto “geografico”, cercare luoghi, territori, posti. In poche parole, ero curiosa di vedere la prospettiva di Sorrentino nel raccontare Napoli e, soprattutto, i suoi luoghi di origine.

Per buona parte del film ho tentato di cogliere qualche aspetto geografico. Ma niente. Ho trovato panorami bellissimi, riprese della città e del golfo stupende che rendono giustizia al “panorama da cartolina” ma nulla soddisfaceva la mia curiosità. Non riuscivo a cogliere in alcun modo “la geografia” del regista.

Poi…quando il film stava volgendo al termine, ho capito.

La geografia è presente nel film, ma non è una geografia fisica, non è legata alla spazialità. E’ una geografia che lega i luoghi alle emozioni, in qualche modo anche all’animo della città, alla sua conflittualità intrinseca, anche se il conflitto non è mai espresso in maniera evidente e il racconto non è mai stereotipato.

La città non emerge nel racconto come soggetto predominante e prevaricatore, come ad esempio accade nel film di Ferzan Ozpetek “Napoli Velata”, di cui abbiamo parlato qui; ma è sfondo, è “layer”, sopra cui si cuciono storie e affetti, emozioni che poi diventano tutt’uno con i luoghi e da cui non si può sfuggire. “Nessuno se ne va veramente da questa città” dice Capuano a Fabio. Ed è così anche per Sorrentino, che ha portato un po’ di Napoli nei suoi film non ambientati a Napoli, e poi ha girato il film più vicino al suo vissuto proprio nei luoghi della sua gioventù.

 “Hai visto quante cose ci sono da raccontare in questa città?” è il messaggio di commiato che Capuano rivolge al giovane aspirante regista, alterego di Sorrentino. Eppure, nonostante la città sia proposta come fonte di ispirazione e idee, Sorrentino non può prescindere dal suo vissuto, dalla sua vita, dai suoi affetti.

Della città ne merge la complessità (le tante cose da raccontare), la conflittualità (nella rabbia di Capuano) ma questa non è dirompente, non è lampante…è sotterranea, te la porti dentro e te la porti ovunque. Come la passione per il Napoli e per Maradona, vera fede che unisce la cittadinanza e diventa cultura. La geografia proposta da Sorrentino in questo film è una geografia privata, personale, che si nutre del tessuto culturale e sociale in cui il regista è cresciuto. Una geografia che si manifesta nel luogo dei suoi affetti più cari, ed è per questo che la storia acquista ancora maggiore potenza e profondità se si pensa che il racconto è ambientato esattamente nelle stesse strade in cui si è svolta la vita familiare del regista.