Questa sera su Sky comincia la nuova stagione di X Factor Italia, giunto ormai alla sua 13a edizione. Come forme di intrattenimento televisivo, i talent show si sono diffusi a partire dagli anni 2000. I talent show musicali ne rappresentano una sotto-categoria: spettacoli costruiti attorno alle performance canore dei concorrenti, il cui scopo è individuare una nuova pop star da lanciare nel mercato discografico.

L’aspetto interessante dei talent show è che, sebbene questi vengano generalmente costruiti come format internazionali, risentono inevitabilmente delle caratteristiche del contesto in cui vengono formulati e di quello in cui vengono riprodotti. X Factor è stato ideato in Inghilterra, e nel caso di X Factor Italia la formula è stata adattata in base alle caratteristiche del contesto televisivo e musicale nazionale. Guardare allo show individuando similitudini e differenze dice qualcosa di entrambi questi contesti.

X Factor Italia rispetta chiaramente una serie di elementi comuni a tutte le edizioni in giro per il mondo. Nella sua dimensione televisiva, ad esempio, tre o quattro giudici guidano altrettante categorie di cantanti e ne giudicano le performance nell’arco delle puntate dal vivo. I cantanti in gara sono stati selezionati dai giudici nelle fasi preparatorie dello show (trasmesse nella fase iniziale della stagione). I cantanti si esibiscono in cover di artisti già affermati e ogni puntata termina con l’eliminazione di un concorrente, fino alla proclamazione finale di un vincitore. La selezione dei concorrenti avviene attraverso il televoto, che coinvolge il pubblico in un meccanismo interattivo. La struttura dello show è comune nelle sue varie edizioni anche con riguardo ad altri aspetti, come il jingle, l’impostazione visuale del palco e del tavolo a cui siedono i giudici, i tempi televisivi a cui il presentatore e i concorrenti si attengono e la scenografia di base. I giudici inoltre ricoprono sempre un ruolo centrale, esercitando gran parte dell’attrattiva sul pubblico. Sono normalmente scelti per essere note persone di spettacolo.

Sotto il profilo musicale il contesto dei talent show (e di X Factor in particolare) non è neutro, ma propone uno specifico tipo di prodotto che viene diffuso a livello globale: la maggior parte dei brani affidati dai giudici nelle diverse edizioni proviene dal mondo anglofono, con una chiara adozione (e proposizione) dell’inglese come lingua madre nell’ambito della musica pop. Lo show risulta dunque particolarmente adatto a un certo tipo di musica, quel pop commerciale di cui il mondo anglofono è culla. Più in generale, lo show si propone in tutto il mondo di cercare una pop star: definizione generica che però rimanda a canoni di «image, fashion and teen appeal» standardizzati e diffusi a livello internazionale.

Vi sono però una serie di differenze e peculiarità, che caratterizzano l’edizione italiana. Sotto il profilo televisivo X Factor Italia ambisce chiaramente a distinguersi, rispetto al format originale e anche rispetto ad altri talent show musicali diffusi nel nostro paese, come programma che mette al centro dell’attenzione la musica. Inoltre il format ha «adattato» alcuni aspetti rispetto al format originale: in primo luogo, la versione italiana si distingue da quella inglese sin dalla prima edizione con riguardo alla tipologia di brani affidati: mentre nel format britannico si prediligono brani pop maistream, nella versione italiana i giudici (in particola modo alcuni di loro) hanno fatto riferimento nel corso delle stagioni a un panorama musicale più vasto, portando sul palco di X Factor brani che vanno dal rock alla canzone d’autore. In secondo luogo a partire dall’edizione numero 9 (stagione 2015) la categoria «gruppi vocali» è stata sostituita con la categoria band. Anche in questo caso la scelta sembra riflettere le specifiche caratteristiche della tradizione musicale italiana, dove al contrario del mondo anglosassone i gruppi vocali non sono di fatto mai esistiti. Come conseguenza, i gruppi vocali in X Factor Italia non hanno mai ricevuto particolare attenzione né hanno mai avuto ampie possibilità di successo, soprattutto una volta terminata la gara, nel confronto con il mercato musicale.

Inoltre e soprattutto è previsto, sin dalla prima edizione, un singolo di debutto inedito che i concorrenti presentano nelle ultime puntate dello show. Questa prassi è unica in X Factor Italia rispetto a tutte le altre edizioni del mondo, e può considerarsi una manifestazione della tradizione italiana del cantautorato: di fatto, a differenza di quanto accade nei paesi anglosassoni, nell’immaginario musicale nazionale il cantante deve cantare le sue canzoni, e non solo interpretare quelle di altri. La previsione di un pezzo inedito viene presentata e percepita come uno dei momenti più importanti della competizione. La «paternità» dei brani da parte degli artisti in gara è stata valorizzata nelle narrative dello show come riprova della qualità dei concorrenti, confermando l’ipotesi che, per gli addetti ai lavori e per il pubblico italiano, il «vero» cantante è anche cantautore.

Infine, X Factor Italia si caratterizza in maniera crescente per l’emergere di diversi mondi musicali nel quadro del programma. Se X Factor nasce come trasmissione per cercare una pop star con caratteristiche comuni che rispondano a un modello standard diffuso a livello internazionale, si deve anche notare che nel corso delle edizioni italiane il programma ha lasciato spazio anche a personaggi provenienti da mondi musicali differenti. Se da un lato questi concorrenti si sono inevitabilmente prestati alle logiche del programma, con la loro presenza hanno anche portato un’innovazione nei contenuti dello stesso. Ampliando lo spettro dei partecipanti rispetto al tradizionale e standardizzato «prodotto Pop», il programma si presta a rappresentare in modo più credibile il variegato panorama musicale che caratterizza il contesto italiano, attirando l’attenzione di una più ampia fetta di pubblico.

Un esempio tipico di tutto questo è il vincitore della scorsa edizione, il rapper napoletano Anastasio. Le performance di Anastasio hanno tenuto incollati allo schermo molti degli spettatori che hanno seguito la scorsa edizione per la capacità del concorrente di riscrive canzoni molto famose riadattandole in chiave rap. E’ certo che il successo di Anastasio sia dovuto alla sua bravura, ma sorge spontaneo domandarsi se l’interesse per il suo percorso non sia anche un po’ figlio di una stanchezza che dopo tanti anni riverbera sul format. Per il 2019, a parte la veterana Mara Maionchi, la giuria è stata completamente rinnovata, cercando con Samuel, Sfera Ebbasta e Malika Ayane, di dare voce a diversi stili musicali e strizzare l’occhio a varie categorie di pubblico. Servirà questo cambio di giuria a rivitalizzare lo show, contribuendo a mantenere una connotazione tutta italiana? Lo scopriremo presto!

*Simona De Rosa e Raffaella Coletti

** Alcune delle riflessioni contenute in questo articolo le avevamo elaborate già qualche tempo fa, e sono disponibili come capitolo di un interessante volume pubblicato dalla Società Geografica Italiana nel 2016 (“La musica come geografia: suoni luoghi, territori”, a cura di Elena dell’Agnese e Massimiliano Tabusi) che è possibile scaricare gratuitamente qui.